Il contrasto alla povertà educativa passa dalla qualità del servizio alla prima infanzia, dagli asili e dal numero di posti disponibili. L’asilo tradizionalmente considerato un servizio di assistenza alla famiglia oggi ha sempre di più un ruolo educativo molto importante, Osservatorio Openpolis. Report Scuole e asili per ricucire il paese. Se durante la pandemia e il conseguente lockdown la funzione “sociale” degli asili è stata chiara a tutte le famiglie, il tema del ruolo educativo invece è ancora poco sottolineato, nonostante oggi non ci siano dubbi sulla funzione educativa degli asili.
In Italia gli asili sono pochi e i posti disponibili coprono solo il 25,5% del numero complessivo dei bimbi che ne potrebbe usufruire. Il dato colloca l’Italia tra agli ultimi in Europa, e copre le solite differenze tra le regioni del paese: in Valle d’Aosta ad esempio si registra un 46,7% di posti coperti, e in Emilia Romagna il 39,2%, con un’offerta che si concentra nei grandi comuni. In numeri assoluti in Italia ci sono 355.829 posti disponibili, di questi più della metà, il 51,9%, è gestita dai comuni.Le spese medie sostenute dalle famiglie sono di 2208 euro, costo che rappresenta anche uno dei motivi per cui molte famiglie rinunciano e preferiscono affidare la cura dei minori a membri della famiglia.
Tra i dati forniti dall’ISTAT (Report sulla “Offerta asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia”) spiccano quelle relative al nucleo famigliare: le famiglie che mandano i figli all’asilo hanno mediamente un reddito più alto di chi non lo fa e un livello di istruzione maggiore. Il lockdown ha inoltre aumentato le disuguaglianze sociali anche nell’ambito educativo e scolastico: i bambini già in condizioni di fragilità e disagio hanno avuto un accesso minore e meno efficace alla didattica a distanza.
L’innovazione sostituirà i vecchi lavori con nuovi lavori sempre più digitali? Probabilmente si, ma non sostituirà il lavoro di educazione e di cura all’infanzia. Durante la pandemia abbiamo visto bambini in Dad e adulti in Smart Working, o in telelavoro, o comunque costretti a prender congedi parentali per seguire la didattica dei più piccoli.
Il Lockdown e la chiusure delle scuole ha chiarito una volta per tutte che non tutto è digitalizzabile e che non tutti i lavori sono sostituibili dalle macchine. Sicuramente il lavoro dell’educatore non lo è, cosi come la stessa scuola, intesa come lo spazio fisico in cui si sta assieme e si impara stando assieme, non è sostituibile da un’aula virtuale. Certo l’educatore dovrà avere competenze diverse per bambini digitali e iperconnessi, ma resterà una figura che difficilmente sarà sostituita da robot o da intelligenze artificiali.