La pandemia ha provocato milioni di morti in tutti paesi e i continenti del mondo. Gli effetti “collaterali”, a partire dal Lockdown e da come ciascuno di noi ha modificato il proprio modo di vivere, di lavorare e di stare assieme, non sono stati uguali per tutti. Anzi, sono aumentate le disuguaglianze sociali, è aumentato il numero delle persone in stato di difficoltà, sono aumentati i disoccupati. Tra i più colpiti dalla pandemia in termini occupazionali sicuramente ci sono le donne e i giovani, ma le disparità sono evidenti anche nei differenti settori dell’economia, e sopratutto sulle differenti tutele previste dalle formule contrattuali di cui godono i lavoratori nel nostro paese, a partire dai lavoratori autonomi, privi delle coperture e del welfare di cui godono i lavoratori dipendenti.
Se in Italia i poveri oggi sono più di cinque milioni, i lavoratori poveri, coloro i quali non guadagnano una cifra che consenta loro di vivere decorosamente sono più di due milioni.
Tra gli effetti del COVID c’è l’aggravarsi del fenomeno dei lavoratori poveri, fenomeno che in Italia non è una novità e che dipende dalla struttura del mercato occupazionale del nostro paese. In Italia il lavoro si divide in due tipi, quello indipendente e quello dipendente. Quello dipendente a sua volta prevede differenti contratti che determinano livelli di protezione differenti. Ci sono poi i lavoratori precari e gli atipici.
Visto da una altra angolazione in tutto il mondo il mercato del lavoro si polarizza tra chi ha buone competenze con salari medi e medio alti e chi ha basse competenze, o competenze poco spendibili sul mercato del lavoro, e basse retribuzioni. Il fenomeno dei lavoratori poveri si associa a quello della precarietà o della bassa competenza, o in alcuni casi della occupazione a tempo parziale alternata da periodi di inattività.
L’agenda 2030 dell’ONU fissa tra i suoi obiettivi quello del lavoro dignitoso, che comprende un buon livello di sicurezza sul lavoro, un salario che consenta di vivere dignitosamente, condizionando lavoro decenti.
Sicuramente la pandemia ha aumentato il numero dei lavoratori poveri e ne ha peggiorato ulteriormente la posizione salariale. La pandemia però ha solo accelerato dinamiche già consolidate, tra queste la relazione tra livello di istruzione e formazione e stipendio e soprattutto tra livello di istruzione, il livello di reddito e la precarietà del lavoro.
Il caso dei rider è forse il simbolo più mediatico di lavoro povero senza tutele e senza diritti. Ma è solo uno dei tanti casi di lavoro sottopagato e non tutelato.
Per saperne di più: https://www.istat.it/it/files/2019/06/La-povertà-in-Italia-2018.pdf